Intervista al Vescovo Mario Russotto sul futuro dopo la pandemia
Da dove bisognerebbe iniziare per curare le ferite di questo momento di crisi? Quali insegnamenti trarre dalla pandemia?
Innanzitutto penso che bisogna ripartire dall’esperienza che abbiamo fatto, cioè da una parte questo restare in casa e dall’altra il desiderio invece di relazioni, il desiderio e la volontà di solidarietà. Perché abbiamo capito che da soli non si può guarire da nessuna ferita, non si può uscire da nessuna crisi ma abbiamo anche imparato, attraverso i media e i social, che nessuno è mai solo. Con questi strumenti di comunicazione abbiamo cercato di raggiungere tutti: pregando con il popolo e le nostre comunità e nello stesso tempo attraverso la Caritas e tutte le Caritas parrocchiali abbiamo cercato di far capire che ogni persona per noi è importante, quindi la crisi ci ha insegnato questo. Allora per uscire da questa crisi dobbiamo non chiuderci in noi stessi ma aprirci alla solidarietà, dobbiamo far ricorso alla preghiera perché Dio è l’unico che davvero non ci abbandona e non ci delude, dobbiamo tutti insieme rimboccarci le maniche non aspettando l’aiuto dall’alto.
La Chiesa si è mossa all'unisono per contrastare l'emergenza. Con l'aiuto delle parrocchie, dei volontari e degli operatori Caritas le famiglie assistite si sono più che triplicate. La crisi economica però non è finita, da emergenza sta diventando condizione cronica del paese. Tutto ciò richiede nuove forme di sostegno alle famiglie in difficoltà. Quali dovrebbero essere? Per Caltanissetta in particolare che vive una crisi nella crisi?
Secondo me bisogna superare la dimensione assistenziale. Noi come Caritas e tutte le Parrocchie abbiamo cercato di far fronte all’emergenze assistendo le famiglie, che sono diventate più di 500, presso le quali abbiamo cercato di non far mancare nulla. Ora bisogna superare la dimensione assistenziale e invece adoperarci da parte del governo nazionale, regionale e i comuni per creare possibilità di lavoro cercando di finanziare e incrementare anche le piccole e medie imprese perché si dia dignità alle persone. Si, le persone si sentono pensate e assistite dalla chiesa e dalla Caritas, ma adesso vogliono trovare la loro dimensione umana più profonda, la loro dignità umana anche con un lavoro minimo. Per far questo bisogna incrementare gli aiuti non solo a livello assistenziale ma a livello produttivo, bisogna generare lavoro e tornare a simpatizzare con la terra poiché noi abbiamo una bella terra, tanta terra non coltivata e dobbiamo adoperarci per generare lavoro con le risorse che abbiamo, che sono le risorse della terra.
La crisi economica e sociale sono le conseguenze più prossime dovute all'epidemia. Invece nel lungo periodo quali saranno le conseguenze di questa pandemia? L'uomo del XXI sec sarà diverso? In che modo?
Io individuo due possibili sviluppi dalla lezione di questa pandemia che probabilmente, così almeno dicono gli esperti, si protrarrà con una seconda ondata nel prossimo autunno-inverno. Allora due vie si presentano a noi: o la via dell’ homo homini lupus cioè la via per cui ognuno cerca di approfittare di questa situazione di crisi pensando solo a se stesso, al suo tornaconto, arricchendosi, sfruttando solo i bisogni della povera gente. E mi riferisco anche a tutte quei gruppi criminali e gruppi mafiosi che possono davvero trovare terreno fertile in questa situazione di povertà e dall’altra parte i politici che possono sfruttare i bisogni e la povertà della gente per i propri tornaconti personali. L’altra via è invece quella della solidarietà, provare a mettersi insieme per creare anche nuove imprese, piccole imprese, nuove possibilità di lavoro, cioè riprendere la dimensione della cooperazione. Solo così ne usciamo. L’uomo del XXI sec non può pensare più a sé stesso, da solo, non può chiudersi nell’individualismo anche economico, anche imprenditoriale ma si deve aprire alla cooperazione. In un tempo di grande crisi, quale è stata la fine dell’800 e l’inizio del 900, è stata la forza della cooperazione che ha risollevato le sorti del popolo.
Grazie Eccellenza.
Grazie a voi e buon lavoro.